Roberto Manzini (1993-1994)

Se avessi dovuto cercare di esternare le sensazioni che si provano nell’esercizio della presidenza di un club Lions alla fine del mandato e per qualche tempo ancora, non ho dubbi che avrei parlato dell’impegno che si deve profondere, della dedizione che è necessaria esprimere, della difficoltà di conciliare questo impegno con il lavoro, ma anche ovviamente dell’amicizia e dell’aiuto da parte di una squadra, della soddisfazione di poter realizzare obiettivi utili.

Tutte cose queste pregnanti ed immediate, preordinate alla necessità di riuscire nei compiti e raggiungere gli scopi che ognuno di noi si prefigge nell’arco del mandato.

Ma oggi, a distanza di parecchi anni dalla presidenza, con Oreste che vuole un’espressione di quello che senti dentro di te, bisogna riconoscere che certe cose nel tempo vengono stemperate e pur rimanendo vivo il ricordo del lavoro fatto, emerge qualcosa di diverso, l’essenza forse di quello che rappresenta il presiedere un club, quel nocciolo fondamentale per merito del quale si è espressa tutta quella attività; io credo di individuare questo elemento fondante nell’esercizio della democrazia diretta che permea la vita dei club, per come essi sono nati e sono costituiti. In un mondo dove il 98% delle persone delega la propria rappresentatività e dove il restante 2% agisce per delega, è sempre più difficile trovare esempi come i club lions dove si esercita la discussione in forma diretta e senza altri fini se non quelli che derivano da sentimenti di amicizia. Questo è ciò che rimane, indelebile, dentro di te. Per chi ricorda Nazareno Mignanti, non c’è altro da aggiungere. Ed è sicuramente questa la molla più importante per garantire quell’espressione positiva che è riuscito a dare al sodalizio ogni presidente che si è succeduto nel Savona Torretta (spero anch’io). Ed è anche la fortuna ed il successo dei Lions nel mondo. Non a caso la carica “principe” dei Lions, è esclusivamente quella del Presidente di Club, fucina di idee, difensore dei valori. Solo uno statunitense che non aveva i lacciuoli e le briglie di un cumulo bimillenario di storia di compromessi come quella europea poteva immaginare una cosa così semplice ed efficace. Anche se gli è bastato copiare quello che un qualsiasi Senatore della Repubblica Romana di duemila anni fece per garantire in allora una società migliore.

Roberto Manzini

Roberto Manzini - Piatto dell'estate 1993